giovedì 21 giugno 2012

Ricordi di Maturità

Leggendo questo post, mi sono tornati alla mente un po' di ricordi risalenti a 5, 10, 15 anni fa (un bel po'... già, ormai sono vecchio...).

Siamo a giugno 1997: finalmente riesco ad arrivare all'esame di maturità, agognata conclusione dei sudati anni passati nelle aule del liceo scientifico della mia città.
Il percorso è stato piuttosto travagliato, bocciatura in prima, in seconda latino e matematica da riparare (allora c'erano ancora gli esami a settembre), triennio poi in crescendo, ma sempre restando in quella fascia grigia a cavallo della sufficienza. L'anno della quinta però era stato di qualche soddisfazione, gli argomenti erano interessanti, finalmente avevo trovato un discreto ritmo nello studio ma soprattutto la maturità non mi spaventava. Ma torniamo quindi all'esame.

Prima giornata: il tema di italiano

Non ricordo nulla di particolare, nessuna traccia mi intrigava particolarmente, mi sono dimenticato persino che argomento avevo scelto. Ricordo solo di aver scritto quanto bastava per  dire ho fatto quel che dovevo fare.

Seconda giornata: la prova di matematica

Qui iniziano le difficoltà. Conoscevo i miei limiti e sapevo bene di avere un ottimo intuito ma molte meno capacità nel calcolo e nei passaggi matematici successivi (in pratica, perché devo fare a mano cose che un PC fa perfettamente e velocemente :-P ) quindi avevo fatto subito gli esercizi più facili e poi mi ero concentrato sul problema più complesso. Si trattava di un problema che richiedeva un disegno molto complicato e piuttosto delicato: un errore in quella fase avrebbe compromesso completamente l'intera prova (se volete vedere il testo, lo trovare qui).
Beh, con un po' di pazienza faccio il mio bel disegno e poi mi metto a fare tutti i calcoli. Intorno a me comincio a vedere i miei compagni in difficoltà, ma non ci faccio troppo caso e continuo a lavorare. Dopo un po' di tempo la commissione (allora era tutta esterna alla scuola, con un solo docente interno) comincia a girare e si rende conto della situazione: quasi tutti hanno cannato in pieno il disegno e sono in alto mare. Pochi, pochissimi hanno fatto giusto il disegno: la prima della classe, una o due altre persone ed, incredibilmente, il sottoscritto.
A quel punto prendono la decisione infausta di dare a tutti la soluzione del disegno, spiegando che avrebbero considerata valida solo la parte successiva! Ma come??? E io che l'ho già fatto? Perché non avete controllato chi aveva già fatto l'esercizio?

Terza giornata: l'orale

Allora funzionava che si portava una materia a scelta e un'altra veniva assegnata dalla commissione. Generalmente la seconda materia era più o meno "concordata" in quanto il membro interno faceva avere alla commissione la "preferenza" di ciascuno e faceva in modo che fosse una delle materie con il voto migliore... Ogni tanto capitava qualche sopresa, ma erano piuttosto rare.
Io avevo scelto di portare fisica e avevo fatto in modo di farmi assegnare storia. E questo almeno è andato così.
Al momento dell'orale, prima di interrogarmi, la commissione presenta i risultati degli scritti (un bel modo per cominciare): il tema niente di che, non ricordo il voto, ma credo che si aggirasse tra il 6 e il 6 1/2.
Poi tirano fuori il compito di matematica: il disegno era perfetto (ma tanto non conta, hanno detto a tutti come andava fatto) ma nei passaggi di calcolo c'era un errore stupido alla *seconda* riga che annullava tutto l'esercizio. Non so che voto avessi preso ma credo che un 4 sarebbe potuto già essere un buon voto.
Con queste premesse iniziano ad interrogarmi e la prima domanda di storia riguarda la rivoluzione americana. Nel programma era stata affrontata "in riassunto" (una paginetta in tutto). Io faccio notare la cosa e racconto la cosa in breve. Il commissario a quel punto incalza e chiede più dettagli, più approfondimenti ed io inizio a vacillare, inanellando banalità e luoghi comuni una dietro l'altra, e lui insiste ancora. Alla fine desiste, mi fa qualche altra domanda senza storia e poi si passa a fisica.
L'insegnante di matematica (una zitella inacidita) comincia a chiedermi solo formule, una dopo l'altra. Ho sempre odiato i professori che trasformano la fisica, fatta di concetti, di grandezze, di spiegazioni della realtà in mera matematica da imparare a memoria, ma comunque lì ero preparato e così per ogni formula comincio anche a spiegare le variabili in gioco, come funzionano le cose ecc... questa mi ferma e mi chiede le dimostrazioni delle formule. Beh, ero preparato anche su quello ed inizio a spiegarla a parole. Mi ferma ancora, a quel punto, seccata, mi porge carta e penna e mi impone scrivere tutti i passaggi matematici. Credo sia comparso il terrore nei miei occhi, non le importava nulla delle mie spiegazioni, le importava solo della matematica. Da quel momento il mio scopo è stato finire quella tortura. Se avessi potuto pagare per farlo finire lì, lo avrei fatto. Invece no, quella insiste. Non le basta avermi messo in difficoltà, aver capito che sapevo tante cose ma NON i passaggi delle dimostrazioni a memoria. Non so quanto sia andata avanti quell'agonia ma nei miei ricordi è stata lunghissima.

Conclusione

Il giorno dopo l'orale sono partito per dieci giorni di cammino in montagna (Alta Via n.2 della Val d'Aosta) e ho scoperto i risultati per telefono: 38/60.
La sufficienza era 36/60, risultato raggiunto e liceo finito! YEAH!

2 commenti:

  1. La fisica è stata sempre il mio tallone d'Achille. Non la capisco, nonostante (che figa!) mi ritenga una persona molto intelligente e sveglia. Le mie conoscenze in fisica si limitano a: "due corpi si attraggono tra di loro con una forza direttamente proporzionale al loro peso e inversamente proporzionale alla distanza tra i loro centri". Qualcosa di simile, credo. Fortuna che hanno inventato i cellulari e gli sms... avevo un amico che mi mandava le soluzioni, e portavo a casa il mio 8 per mantenere la media =P
    Cattiva LaD, non si fa!! =P

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  2. hehehe, i cellulari di allora erano ancora più o meno delle cabine telefoniche e non li aveva nessuno... (si potrebbe aprire un post su come si riusciva a vivere senza!).

    La fisica dipende da come la si fa: al liceo mi piaceva ancora, perché lo scopo era capire *come funzionano* le leggi della natura. All'università invece lo scopo era di *calcolare* come funzionano le cose, quindi con una dose spropositata di matematica. Tant'è che non ho mai dato quell'esame!

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